È quasi impossibile avere pieno controllo sugli eventi della propria vita, figuriamoci su quella di altri.
Eppure. Ho realizzato, tra il km 6 e il km 7
della mia corsa di oggi, che esiste un motivo semplice e quasi ovvio per la mia
ansia e per quel senso di caduta nel baratro, che ogni tanto provo.
Ci arrivo.
In tanti anni di vita, pure troppi, ho imparato
a gestire i miei fallimenti, le mie cadute, le mie debolezze. Non del tutto, ma
ci convivo.
Quello a cui non ero preparata è questa
sommatoria matematica elevata alla potenza ennesima delle proprie paranoie e
sensazioni, quando si tratta delle difficoltà, delle angosce e delle insicurezze
di una figlia adolescente.
Tu vorresti assorbire e detonare tutto cio’ che
la fa star male, stendere una rete di protezione per parare le sue cadute,
ancora meglio, sostituirti a lei nei momenti di difficoltà. Perché sentire
direttamente il male sarebbe più facile e tollerabile che non vederlo scorrere
sotto la sua pelle senza poterlo arrestare.
E questo, ovviamente, non é possibile. E non
sarebbe giusto. Una madre dovrebbe permettere alla propria figlia di
sperimentare il bene così come il male, fornire direzione e strumenti, e
lasciare che le esperienze arrivino in modo naturale a forgiarne il carattere.
Razionalmente l’abbiamo capito. Adesso però
come la risolviamo la cosa, emotivamente?
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