venerdì, novembre 22, 2024

Un travaglio travagliato

La mia Amica Silvia: "Gio', è nato! Martin è nato!"
Io: "Martin? Ma non era Lapo?"
Lei: "Eh. Il fatto è che, sai, insomma, è successo così: in sala operatoria, in fase di ricucitura, l'infermiera mi chiede come si chiama il bimbo. "Lapo", dico. Al che l'infermiera si irrigidisce, il chirurgo alza le mani al cielo e scandendo chiaramente le parole, onde evitare equivoci, mi fa "col cazzo. Se lo chiami Lapo ti lascio l'utero aperto". Alzo gli occhi in cerca di ispirazione e sostegno divino e allora la vedo: la lampada del tavolo operatorio. Impressa sopra alla lampada, in caratteri cubitali, c'è la scritta della marca Martin. Una specie di segno. Insomma vien fuori che la seconda chirurga si chiama Martina, ed è il giorno di san Martino. Quindi dico: Martin! L'equipe approva. E finalmente ricuciono. 
I primi giorni che me lo portavano in stanza e mi dicevano "ecco Martin" pensavo - chi cavolo è sto Martin.
Adesso meglio, ho fatto mente locale.

E' tutto vero, giuro. 

domenica, dicembre 22, 2013

Su uno sci solo

L'equilibrio non e' il mio forte. E' cosa nota. Quindi oggi ho deciso di passare i miei "dieci minuti" sciando su uno sci solo. Dopotutto mia figlia ci e' riuscita. Infatti la sua maestra di sci quando mi ha visto su una gamba sola come uno stambecco zoppo ha prontamente avallato l'esercizio assicurandosi che io fossi coperta da assicurazione. Così di fronte a una fila di scettici tigrotti sciatori (alcuni visibilmente scuotevano le testoline nei loro caschetti provvisti di orecchie di peluche) ho iniziato l'esperimento.  "tranquilla, e' semplice, devi solo trovare il tuo centro".  Semplice? Lo cerco da 43 anni, dici che era proprio qui su questa pista, sotto il mio scarpone sinistro? Improbabile. Certo in dieci minuti l'ho solo intravisto, intuito. E' stato un barlume di equilibrio, altalenante e instabile. Tutto regolare. Un gran mal di culo pero'.

venerdì, dicembre 20, 2013

Da Peck con gli occhiali

Ieri ho conosciuto Chiara Gamberale. Professione: scrittrice.
Di lei avevo letto un paio di libri, che mi erano piaciuti, abbastanza, ma come a volte accade la piena personalità dello scrittore non si trasferisce paro paro nelle righe che scrive. Lei è persona carismatica, complicata e articolata, solare e loquace. Un persona che mi piacerebbe frequentare. Insomma io sono andata a sentire il suo intervento per un unico motivo: volevo vedere in faccia qualcuno che era riuscito a fare per lavoro quello che da una vita io faccio per necessità: scrivere.
E mi è nato un senso di infinita ammirazione. Poi è arrivata con questo suo nuovo libro, che invita a fare una cosa davvero sfiziosa: per dieci minuti al giorno, per un mese, provare qualcosa che non si è mai fatto prima. Per mettersi alla prova, per distogliersi dalle solite ossessioni.
Così ho deciso. lo faccio. E oggi ho iniziato. Allora.
GIORNO 1:  Da Peck con gli occhiali.
Porto (dovrei portare) gli occhiali da vista dall'età di sei anni. Il problema è che con gi occhiali sembro una maestra stronza. O una nerd bulimica. A seconda della montatura. Quindi non li metto mai, quando sono per strada, con un certo impatto sulla mia vita sociale, perchè non potendo identificare le persone, non le saluto.
Oggi per dieci minuti mi sono tenuta gli occhiali mentre camminvao per strada, senza mai toglierli, e ho visto cose, cose che non avevo mai visto: prezzi delle scarpe nelle vetrine, cacche di cane sui marciapiedi, locandine di spettacoli di tango, il numero dell'autobus. E li ho tenuti fino dentro a Peck, con il rischio concreto di essere vista da gente nota. E di vederla a mia volta.
Inquietante. Interessante. Meno male che son passati in fretta, i dieci minuti.




giovedì, novembre 29, 2012

Magro Natale


Ed eccoci alla fatidica dieta prenalatizia al termine della quale, puntualmente, arrivo affamata irritabile mediamente smilza ed estremamente piatta.
Infatti con mio sommo cruccio quando ingrasso, ingrasso sul culo, quando dimagrisco, dimagrisco sulle tette.
Perché ostinarsi a fare la dieta? Non lo so. Non ha senso.
Intanto nessuno nella storia si è mai accorto di un mio dimagrimento. Nessuno. Forse perché dura poco.
Infatti è nota la regola per cui ci si mettono tre mesi a perdere 5 chili e una settimana e recuperarli.
Nel periodo di affamamento poi la famiglia ti odia perché ti disinteressi completamente alle loro necessità mangerecce, ovvero smetti di preparare i pasti e loro finiscono per cibarsi di patatine, wurstel e maionese in tubetti. E mentre si rimpinzano si lamentano, generando intense ondate di risentimento.
Eppure mi metto a dieta. E so perché.
Tutti gli sforzi, le rinunce, la sofferenza trovano la loro ragion d’essere in quell’unico fatidico momento in cui salendo sulla bilancia (dopo essermi tolta tutto il toglibile inclusa biancheria intima, forcine per capelli, capsule dei denti), il mio peso come appare sul display è inferiore a quello della settimana prima. Salto del pasto. Calo del peso. E’ una specie di sfida olimpica. O di malattia mentale.

venerdì, novembre 23, 2012

Il gene mancante

Cara Maghita, hai solo 6 anni e ancora non sai. Sei una bambina sveglia, socievole, solare, un po’ capricciosa, a tratti, ma ci sta, sei femmina. Mi ripeti spesso, soprattutto mentre sei chiusa in bagno, che mi vuoi bene, e me lo dimostri frequentemente saltandomi sullo stomaco con le ginocchia, così in segno di affetto.

Ancora non sai che un giorno proverai un rancore implicito per la tua mamma.
Io ci provo, ad essere una brava mamma, ma, amore, non ci sono portata. Sono geneticamente inadatta.
Quasi ogni momento con te commetto degli sbagli, e io so, per esserci passata con la mia, di mamma, che i miei sbagli, giorno dopo giorno, anno dopo anno, si accumuleranno come guano su una spiaggia, e a poco a poco il tuo sentimento di amore diventerà tiepido affetto, blando fastidio, chiara insofferenza. Per finire appunto, in insistente rancore.  
La verità  è che, al meglio delle mie possibilità, ottimisticamente riuscirò a non rovinarti. Ma di base non ti farò del gran bene. Le mamme col gene giusto sono sorridenti, tranquille, ti portano a scuola con la manina cantando canzoncine inventate sul momento, lasciano correre. Corrono pure loro, hanno scarpe da ginnastica, sono in forma, presenti, dedicate.
Io, amore mio, sono un disastro. Non ho pazienza, sono intransigente, urlo per niente, sono poco dolce ma molto nervotica, ti trascino a scuola a passo accelerato sui miei tacchi alti, pronta ad affrontare l’ennesima insoddisfacente giornata di lavoro.
Ti devo quasi inseguire prima dell’entrata per darti un bacio al volo, tu sei già scappata via e ti affretti su per le scale con quello zaino rosa enorme sulle spalle, ti vedo scomparire in una folla di bimbi tutti più alti di te, quasi corri per non arrivare in ritardo. Questa è la foto di te che voglio scattare per ricordare com’eri, pesciolino innocente e tenace, quando ancora mi volevi bene.

venerdì, novembre 25, 2011

Selezione innaturale

Una volta si emigrava per disperazione, adesso è trendy. Se decidi di rimanere in Italia o sei sfigato o sei provinciale. Se tuo figlio a 5 anni non è bilingue inglese e non mastica almeno un po' di mandarino (il cinese, non l'agrume) non ha futuro.
Condizionata mio malgrado dal terrorismo psicologico delle mamme mie conoscenti mi informo per mandare la mia bimba alla scuola internazionale.
Così scopro che per entrare in prima elementare ci vuole un test di ammissione della linga inglese e della matematica. Ma se già sapesse l'inglese e la matematica a 5 anni secondo voi spenderei 18 mila cucuzze all'anno per mandarla alla vostra scuola?
Credo di aver rivalutato la cara vecchia (e spesso diroccata) scuola statale dove invece dei figli dei calciatori ci sono i figli degli extracomunitari, così magari impara anche un po' di indiano, e gratis. Si sa mai.

lunedì, novembre 21, 2011

Uomini

Ieri ho riguardato un grande classico: Butch Cassidy and the Sundance Kid, un western sui generis, in cui i cowboys non hanno i denti marci e non sputano per strada, ma al contrario sono due gentlemen in pantaloni di pelle sartoriali e cinturone su misura.
La musica anni 60 di Burt Bacharach e il ritmo lento ne fanno, per un purista del genere, sostanzialmente un film pacco.
Eppure. Mentre due minuti dopo l’inizio del film Margherita ronfava già a pancia all’aria sul divano e Carlo era scappato ad ammazzare samurai mutanti sull’ipad, io fissavo ipnotizzata lo schermo, chiedendomi come avesse mai potuto madre natura concepire due essere umani così strepitosi nella stessa epoca storica.
La coppia Newman - Redford rimane un evento cinematografico irripetibile. I due non si limitano ed essere fascinosi ironici e bellissimi senza alcuno sforzo, ma interagiscono con complicità e calma, senza protagonismo o antagonismo, spartendosi bottini, donne e celebrità sia sullo schermo che nella vita.
Mai due attrici potrebbero creare un’alchimia del genere. Ma forse nemmeno due attori. Non più.