venerdì, novembre 23, 2012

Il gene mancante

Cara Maghita, hai solo 6 anni e ancora non sai. Sei una bambina sveglia, socievole, solare, un po’ capricciosa, a tratti, ma ci sta, sei femmina. Mi ripeti spesso, soprattutto mentre sei chiusa in bagno, che mi vuoi bene, e me lo dimostri frequentemente saltandomi sullo stomaco con le ginocchia, così in segno di affetto.

Ancora non sai che un giorno proverai un rancore implicito per la tua mamma.
Io ci provo, ad essere una brava mamma, ma, amore, non ci sono portata. Sono geneticamente inadatta.
Quasi ogni momento con te commetto degli sbagli, e io so, per esserci passata con la mia, di mamma, che i miei sbagli, giorno dopo giorno, anno dopo anno, si accumuleranno come guano su una spiaggia, e a poco a poco il tuo sentimento di amore diventerà tiepido affetto, blando fastidio, chiara insofferenza. Per finire appunto, in insistente rancore.  
La verità  è che, al meglio delle mie possibilità, ottimisticamente riuscirò a non rovinarti. Ma di base non ti farò del gran bene. Le mamme col gene giusto sono sorridenti, tranquille, ti portano a scuola con la manina cantando canzoncine inventate sul momento, lasciano correre. Corrono pure loro, hanno scarpe da ginnastica, sono in forma, presenti, dedicate.
Io, amore mio, sono un disastro. Non ho pazienza, sono intransigente, urlo per niente, sono poco dolce ma molto nervotica, ti trascino a scuola a passo accelerato sui miei tacchi alti, pronta ad affrontare l’ennesima insoddisfacente giornata di lavoro.
Ti devo quasi inseguire prima dell’entrata per darti un bacio al volo, tu sei già scappata via e ti affretti su per le scale con quello zaino rosa enorme sulle spalle, ti vedo scomparire in una folla di bimbi tutti più alti di te, quasi corri per non arrivare in ritardo. Questa è la foto di te che voglio scattare per ricordare com’eri, pesciolino innocente e tenace, quando ancora mi volevi bene.

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