venerdì, marzo 17, 2006

Silenzio


Anni fa pensavo di aver trovato su un libro di detti zen una frase che mi aveva illuminato l esistenza.
"Nessuno è più esigente di colui che non chiede mai".
Chiaro no? Se non chiedi lasci tutto nelle mani degli altri, non fissi confini, favori, attimi, richieste, che una volta soddisfatte, puoi metterti tranquillo ed essere sicuro di aver fatto la tua parte.
E’ come fare un regalo di Natale su ordinazione invece di un regalo a sorpresa in qualsiasi momento dell’anno.

Chi non chiede vuole essere sopraffatto, stupito, o semplicemente capito, senza imposizioni.
Può avere delle aspettative altissime o accontentarsi di pochissimo, ma sicuramente è più impegnativo di chi ti fa una lista della spesa dei suoi bisogni.
Non sempre è ad alto mantenimento emotivo, ma in genere ci sono degli attimi in cui è importante esserci, per lui. E non te lo farà capire, dovrai spiarlo, ascoltare i suoi silenzi, cogliere le sue gelosie, vedere il suo istinto muoversi.

Il bisogno non verrà mai espresso, ma chi saprà coglierlo si conquisterà l’amore o l’affetto eterno del silenzioso.
Convincente ed affascinante come tesi.

Esiste un neo, nella realtà delle nostre vite tuttaltro che zen. Nella nostra cultura superficiale ed egocentrica il rischio che corre il silenzioso è che stando lì a non chiedere niente finisca per essere ignorato.
Siamo in una cultura del tutto detto,urlato e rivelato, un mondo isterico in cui se non te ne vai in giro vestito coi catarifrangenti nessuno ti vede.
O ancora peggio, anche se urli e chiedi aiuto, esprimi delle esigenze limitate e puntuali, nessuno di caga, o qualcuno si irrita perchè sei troppo esplicito.

Allora abbiamo due alternative, signori. Silenzi vuoti, che non esprimono più niente, né bisogni non rivelati né curiosità reciproca, solo mancanza.
Bisogni urlati, con stizza volgarità fermezza, distruttivi per la loro disperazione, che non incontreranno mai compassione, perché aiuto, non lo si dovrebbe mai chiedere.
Quando arrivi al punto di dover chiedere, è arrivata la solitudine.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Evidentemente è cosi! E anche credo ci sia equilibrio e finezza nella tua valutazione, poichè, pur delusa e disorientata, lasci sempre un margine d'ingresso e di discussione, come dire una "via d'uscita". Che credo faccia parte del tuo carattere osservatore, riflessivo attento, che passa attraverso un'intellignza curiosa, sagace e perspicace. Poichè entrambi gli stati d'animo, oppure, gli atteggiamenti, i comportamenti, anzi no più generalmente gli approcci alle situazioni del silenzio e dell'urlo (in verità prevale di più il secondo come esigenza di farsi ascoltare in quanto ciò che si dice non ha la forza e lo spessore per essere ascoltato) sembrerebbero inadeguati, o meglio sono fondamentalmente 2 atteggiamenti di difesa e di paura pur con differenti connotazioni, mi chiedo in che modo la personalità di ognuno, con gusto, senso della propria identità, piacere del conoscere l'altro, desiderio di curiosità, possa serenamente e in maniera non distorta esprimersi nei confronti degli altri e a sua volta arricchirsi delle emozioni altrui. Il tuo punto di vista, che non è nemmeno un punto di vista, ma un'amara analisi delle vicende quotidiane che viviamo, mi fa pensare a 2 concetti. Il primo banale e inafferrabile riguardante la nostra identità, chi siamo, in che situazioni stiamo bene, cosa ci rende contenti o felici, sia in relazione a questioni affettive sia in relazione a rapporti di lavoro o di amicizia. Cioè perchè siamo in un certo posto e che cavolo ci facciamo, ossia se esiste dietro la nostra identità una spinta o un'energia che ci fa essere con gli altri e all'interno di un contesto sociale e lavorativo in una "condizione" nostra che rende come dire "utile" il nostro contributo per finalità inafferrabili e complesse che noi stessi per motivazioni nostre e per soddisfazioni nostre riteniamo più alte. Una sorta di vocazione o passione per qualcosa, o qualcuno direbbe anche per funzione sociale, funzione nella quale evidentemente dobbiamo riconoscerci. Poichè sarebbe non sarebbe altrimenti accettabile convivere con contesti e un mondo che ci violenta e ci sballotta... o meglio vivremmo un contesto di violenza psicologica molto pesante.
Il secondo elemento che riguarda il rapporto tra urlo e silenzio, fa riferimento al primo, a mio avviso, e si esplica in due espressioni della personalità: il coraggio e la fiducia. Che poi portano banalmente a un elemento finale che è quello del cercare di vivere o convivere decidendo e rischiando anche se spesso dietro al rischio ci sono scelte difficili nelle quali si può perdere tutto. Credo che il coraggio di non stare zitti e subire possa essere un trauma per qualcuno, ma rappresenta l'esigenza profonda e sommersa di ognuno nel volere esserci e determinare qualcosa, e mi pare giusto. E nel "non urlare" ci sia il coraggio di ridimensionare il proprio orgoglio e il proprio potere a favore della forza delle cose che si dicono. In definitiva la frase zen ha un suo significato profondo se tutti fossero persone cresciute, con una cultura che viene dalla vita di ogni giorno e con una riflessione umile ma piena di dignità e di onore su accadimenti e soluzioni. Perchè sta al di sopra di tutti questi ragionamenti e li supera. E' solo che la nostra società è andata su altre strade, che sono strade perdenti, strade sulle quali ci si schianterà. Il tuo spunto mi piace, quando avevi trovato e letto la frase illuminante avevi avuto un'intuizione, poi la vita l'ha rinnegata, l'ha forse ridimensionata e tu non ti ci ritrovi, ma attenzione, la vita sembra rinnegare molte cose, apparentemente rinnegarle, ma lo spirito dell'uomo ha risorse inimmabinabili, bisogna solo cercare, scrutare e guardare. Da parte mia, conoscendoti, io non rinnegherei mai nemmeno un pezzettino microscopico della tua sensibilità, cercherei di non farmi intaccare, di continuare a riflettere, scrutare con dovizia, interpretare con amarezza e ironia e sorridere...con il senso di chi si affaccia alle cose, vi entra sempre più dentro essendo se stesso e ogni volta ne esce sempre un pò meno deluso e amareggiato...poichè l'urlare o lo stare zitti di altri sarà sempre meno rilevante rispetto all'affermarsi della propria indole e della propria personalità.......Poichè chi ha qualcosa da dire, chi si mette a scrivere e a pensare, ad aprire il proprio punto di vista agli altri..... alla fine vince sempre.........magari nemmeno per se stesso, ma per qualcun altro....poi il tempo, come sempre, e le situazioni diranno
Baci F.

Niccolò ha detto...

Tutto gratis?
n'

giorgia ha detto...

Recupererò il mio ottimismo, non dubitate. In ogni caso penso che per un po' mi asterrò dallo Zen e dal vitello tonnato